Contratto di affitto: quale conviene stipulare?

La scelta del contratto di affitto è sempre un momento delicato per proprietari e inquilini. Scegliere la formula più giusta per le esigenze di entrambi non è facile, e richiede uno studio preventivo. È inoltre importante che conduttore e locatore siano d’accordo su tutte le clausole del contratto di affitto, per evitare spiacevoli incomprensioni future. Esistono diverse tipologie contrattuali, che prevedono l’occupazione a titolo gratuito (per esempio a parenti o amici) o a pagamento (per lungo o breve termine).

Affittare casa gratis è possibile?

Sì, è possibile! L’affitto di un immobile a titolo gratuito è definito “comodato”, e quindi il contratto di affitto che ne deriva è il “contratto di comodato“. Funziona così: il proprietario decide di consegnare il proprio immobile ad una persona per un tempo o per un uso determinato. L’obbligo che deve essere esplicitato nel contratto, è che il bene deve essere restituito. La formula contrattuale non dev’essere per forza scritta, essendo una sorta di accordo privato tra le parti.

Qualora si scelga la formula scritta, il contratto di affitto in comodato deve essere registrato all’Agenzia delle Entrate entro 20 giorni dalla data dell’atto. Tenete conto che potrete usufruire delle agevolazioni fiscali (esempio: detrazione delle spese per ristrutturazioni edilizie, agevolazioni IMU/TASI ecc.), solo se il contratto è registrato, e quindi con una formula scritta.

Il contratto di affitto in comodato deve essere registrato utilizzando il modello 69, che potete trovare cliccando qui.

Contratto di affitto per brevi periodi: ecco tutte le possibilità

Se avete necessità di affittare il vostro immobile per brevi periodi (giorni, mesi o pochi anni) le vostre formule sono i contratti di locazione transitori, o i contratti di locazione brevi (non superiori ai 30 giorni). Queste tipologie contrattuali prevedono la presenza del locatore per un periodo limitato nel tempo, e legato ad una esigenza di transitorietà/vacanza.
Anche se il periodo è breve, è sempre consigliabile scegliere la formula scritta, con conseguente registrazione nel rispetto delle norme di legge in materia.

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Contratti di affitto transitori: cosa sono

Il contratto di locazione ad uso transitorio è una tipologia di contratto introdotta dalla Legge n. 431/1998, dal Decreto Ministeriale del 5 marzo 1999 e dal Decreto Ministeriale del 30 dicembre 2002.

I contratti transitori hanno una durata non inferiore a un mese e non superiore a 18 mesi. Al termine del periodo transitorio, la locazione si ritiene conclusa senza bisogno di alcuna comunicazione né dalla parte del locatore né da parte del conduttore. Salvo comunicazioni diverse, ovvero il protrarsi delle cause di transitorietà.

Le esigenze momentanee di transitorietà devono essere inserite nel contratto di affitto, in apposite clausole e accompagnate da una documentazione. Questo è un passaggio importante che distingue i contratti transitori da quelli ordinari. Il motivo principale è che il contratto di locazione transitorio può usufruire dell’opzione per la cedolare secca in base alle modalità previste dalla legge.

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Contratti di affitto transitori a studenti

Il contratto di affitto per studenti presenta le seguenti caratteristiche:

  • la durata minima è di 6 mesi, e quella massima di 36 mesi (al termine del periodo scatta il rinnovo automatico dello stesso periodo alla prima scadenza, salvo disdetta anticipata);
  • canone concordato, fissato dall’accordo territoriale tra organizzazioni sindacali, università e associazioni degli studenti;
  • particolari agevolazioni fiscali sulla tassazione per il proprietario.

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I vantaggi del contratto transitorio per studenti fuori sede

Il contratto di affitto per studenti universitari presenta particolari agevolazioni sulla tassazione del reddito Irpef.
Per chi sceglie questa tipologia è prevista una detrazione fiscale del 19% sul contratto, su un importo massimo di 2.633 euro. Il proprietario può inoltre accedere alla cedolare secca del 10%.

Affitti brevi: ecco quando conviene farli

I contratti di locazione breve hanno una durata non superiore a 30 giorni, e sono stipulati solo da persone fisiche. Non c’è l’obbligo di registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, ma è stata introdotta una importante novità con la cosiddetta “manovrina” del 2017.

Il decreto legge n. 50 del 2017, ha infatti stabilito che, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del contratto, vi è l’obbligo di trasmettere i dati relativi a questo tipo di locazione.
I soggetti obbligati sono:

  • coloro che esercitano attività di intermediazione immobiliare;
  • coloro che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da affittare.

Il vantaggio per il proprietario è la possibilità di usufruire della cedolare secca al 21%. Agli affitti brevi sono equiparati i contratti di sublocazione e comodato d’uso a titolo oneroso, sempre se di durata inferiore ai 30 giorni. L’applicazione della cedolare però avviene solo se l’immobile è in Italia, ha destinazione residenziale, e appartiene a categorie catastali comprese tra A1 e A11 (ad esclusione della A10).

Se volete scoprire a quale categoria catastale appartiene il vostro immobile, cliccate qui.

Contratti di affitto lunghi: quale scegliere?

I contratti di locazione per periodi più lunghi sono:

a canone libero;
a canone concordato;

Il contratto di affitto a canone libero è in assoluto il più utilizzato per l’affitto di immobili. La caratteristica è che il canone da pagare è liberamente determinato dalle parti. Sono esclusi da questa tipologia contrattuale le case per villeggiatura, gli alloggi per l’edilizia popolare, immobili di pregio vincolati e quelli che non costituiscono abitazione come i garage, le cantine ecc.

Il contratto a canone concordato 3+2, a seguito del DM 16/01/2017, è esteso a tutti i comuni italiani (mentre in precedenza era possibile applicare il contratto solo ai soli comuni “ad alta tensione abitativa” e limitrofi, individuati nella lista del CIPE). In questo caso il canone non è più libero, ed è la legge a vincolare il valore del corrispettivo e la durata del contratto.

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